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Maggie dei santi: quando l’arte diventa politica di Serena Fuart

 

Non è certo una novità che si possa fare politica anche attraverso l’arte. Si riesce in tal modo a trasmettere delle sensazioni e dei messaggi non facilmente esprimibili con dei classici discorsi, producendo un nuovo senso delle cose e delle modificazioni simboliche talvolta molto potenti.

E’ proprio questo che è successo sabato 12 luglio ad Apriti Cielo!, quando, Donatella Massara e Laura Modini, di Donne di parola, con la regia di Ombretta De Biase, hanno rappresentato Maggie dei santi, short play di Djuna Barnes, (del 1917) della durata di 15.

Una rappresentazione che, mettendo in scena un lungo dialogo tra madre e figlia, ha fatto emergere la complessità, la potenza, l’amore e il dolore che caratterizzano questo rapporto, un tipo di relazione che ancor oggi viene spesso tralasciata, negata, o interpretata secondo parametri maschili che la vedono quasi esclusivamente competitiva e basta.

Le due protagoniste sono una figlia di 60 anni e una madre di 90, attraversate da un profondo, tagliente, misterioso conflitto che le mette duramente a confronto. Maggie è custode di una Chiesa che pulisce e lustra tutti i giorni da anni, è una donna provata da una vita di duro lavoro. La madre, al contrario, ha goduto di un’esistenza diversa, libera e di benessere anche se non ricorda molte cose, e passa i suoi ultimi giorni immersa nella preghiera e nella lettura delle Scritture vivendo in un universo di fede fuori dalla realtà del mondo e delle cose.

La rappresentazione è molto forte, mi colpisce Maggie quando cerca l’amore e l’approvazione della madre mentre questa non l’ascolta, non ci riesce e non la capisce. E’ un dialogo sordo per entrambe ingabbiate nella loro visione delle cose. Percepisco l’amore di Maggie verso la madre, la sua devozione, il suo riconoscerle autorità nonostante non sia da questa compresa, e sento tutta la sua sofferenza per non riuscire a comunicare. La madre dal canto sua è frustrata perché la figlia non è quella che vorrebbe, ha qualcosa di indicibile che sfugge al suo controllo.

Emergono vive le contraddizioni e la complessità di una storia d’amore potente e dolorosa tra madre e figlia.

Ma la valenza politica della serata non si è fermata alle emozioni provocate dalla rappresentazione. E questo grazie al lavoro politico delle interpreti. Come il pensiero non può essere separato dal corpo così l’arte e la recitazione non sono indipendenti al nostro essere. Le due attrici Donatella e Laura, come anche la regista Ombretta, sono state sì eccellenti nel trasmettere l’intensa emotività che caratterizza il lavoro di Djuna Barnes, ma sono andate oltre: hanno prodotto uno spostamento di pensiero. E come sarebbe stato possibile se queste artiste non fossero di Donne di Parola, un progetto politico che ha il desiderio di far circolare l’autorità femminile e il sapere delle donne? Di fare politica attraverso l’arte?

La mia esperienza all’interno del progetto mi permette di dire che un testo prima di venire letto o recitato è analizzato e interpretato dalle lettrici/attrici che lo discutono non solo da un punto di vista culturale e letterario ma soprattutto da un punto di vista di politica delle donne e delle relazioni. E il loro desiderio non è solo diffondere cultura femminile ma dire delle cose e fare politica.

La rappresentazione ha suscitato in me infatti delle riflessioni politiche quindi, degli spunti per affrontare un lavoro sul mio rapporto con mia madre e i conflitti che lo attraversano. Un processo di pensiero iniziato sabato che continua tutt’oggi e che ha aperto in me nuovi scenari. Ma non sono stata certo la sola ad esser stata impressionata da questo lavoro.

Domande e riflessioni da parte di molte donne del pubblico hanno caratterizzato un’appassionata discussione che è seguita allo spettacolo, domande e riflessioni sull’autrice, sulla recitazione delle attrici, sul rapporto conflittuale rappresentato. Domande che non sempre trovavano risposte ma lasciavano aperta una strada da percorrere anche fuori dall’Associazione, dopo la serata, nel corso della nostra esistenza, facendo emergere un sentire, un vissuto, quello del rapporto con la madre, che tutti abbiamo ma che spesso, come anche vuole la cultura impregnata ancora di patriarcato, ce lo vuole far rimuovere.

In questo sito vai a: Foglio di sala su “Maggie dei santi” di Djuna Barnes di Ombretta De Biase
Recensione a “Maggie dei santi” di Djuna Barnes di Donatella Massara

“Maggie dei santi” a Apriti cielo! Immagini di Carla Cella – Video di Amneris Pinelli