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“Djuna Barnes vita e teatro” Come nasce

Lo spettacolo “Djuna Barnes vita e teatro”. Come nasce

Djuna Barnes è l’autrice nota per “Bosco di notte”, pubblicato nel 1936 e tradotto in italiano nel 1968. Poi di lei sono stati negli anni anche tradotti e pubblicati i racconti in “Fumo” e “La passione”. E’ solo nel 2013 quando, con mia grande sorpresa, di Djuna Barnes di cui, da anni, non si sentiva più parlare, ho trovato, alla Libreria delle donne di Milano, un libro nuovo, appena pubblicato – Djuna Barnes, “Animali quasi umani. Short plays”. Era stato tradotto il suo teatro, composto fra il 1916 e il 1923. 16 atti brevi, pubblicati su riviste, alcuni messi in scena che in Italia erano del tutto sconosciuti. Sono uno straordinario lavoro di drammaturgia, di cui la critica si domanda, ancora, se è possibile la rappresentazione. Il libro l’ho portato al laboratorio di recitazione condotto da Ombretta De Biase, frequentato da Laura Modini e me. Anche Ombretta è stata impressionata da questo teatro che non conosceva e ci ha proposto di scegliere un pezzo, fra quelli pubblicati, che intuitivamente ci attirasse. Ho scelto “Maggie dei santi” e Laura e Ombretta hanno condiviso la scelta. L’abbiamo imparato e rappresentato, con la regia della nostra maestra, che ha elaborato, minimamente, il testo. In Italia è sicuramente la prima rappresentazione. Il debutto è stato per la Giornata Mondiale del Teatro 2014, dedicata agli atti unici, il 29,3,2014,  al teatro di Torre Boldone (Bg). Nel frattempo abbiamo deciso di partecipare al Progetto conflitto indetto dall’associazione Apriti cielo, a Milano. Per questo progetto sono già state organizzate alcune mostre e noi abbiamo fatto il finissage della seconda. Intanto ho cominciato a studiare la biografia di Djuna Barnes. Sapevo già della sua vita a Parigi e della relazione con Thelma Wood dal bellissimo documentario di Andrea Weiss “Paris was a woman”. Approfondendo l’argomento mi ha sorpreso che nella sua biografia si parlasse di abusi sessuali e forse di incesto. Non è l’unica scrittrice che ha vissuto questo dramma dell’infanzia. Sono convinta che il femminicidio sia associabile a una lunga storia di abusi sessuali verso le donne dentro la famiglia. Patrizia Bonini Mingori mi ha detto su Facebook “E un’ipotesi più che plausibile dato che l’incesto, fra l’altro molto diffuso anche dalle mie parti (le zone dell’Appenino emiliano) almeno fino agli anni 50, faceva parte delle prerogative dittatoriali del padre padrone, ed e’ stato spesso temuto dalle madri. Possesso e volontà di dominio sono presenti in entrambi i casi, credo, e si accompagnano a lunghe sedimentazioni culturali che hanno autorizzato la sessualità maschile a non conoscere ne’ freni ne’ trasformazione.” L’odio che porta all’assassinio attraversa terreni lontani nel tempo che fanno parte di una storia inconscia del sesso maschile. Parlo dell’incesto, degli abusi che sono avvenuti nelle famiglie di ogni ceto sociale. E’ una storia che ho visto agita nelle scrittrici americane che hanno avuto più libertà delle italiane di raccontarsi. Sono convinta che la lotta contro il femminicidio parta dagli oscuri legami, nella storia maschile di genere, con l’incesto e senza questo passaggio sia difficile venirne a capo, sia da parte delle donne che subiscono che da parte di quei maschi che subiscono anch’essi, diventando degli ignobili portatori di morte. E’ anche per questa spinta politica che ho proposto alle compagne di Donne di parola di impegnarci a interpretare la biografia di Djuna Barnes che anticipasse la nostra piece di 15′. Abbiamo molto parlato fra di noi su come comunicare la parte della vita di Djuna che riguardava la sua infanzia e il possibile stupro da parte paterna, episodio su cui lei è oscura. Sappiamo che della sua biografia lei ha fatto materia per i suoi romanzi. In “Ryder” la storia della sua famiglia è raccontata in una maniera folgorante. La materia più dolorosa da dirimere lei riesce a sottoporla al lavoro dell’immaginario costruendo la tensione irrisolta, tragica e sfumata fra pietas, ironia e odio verso colui che rappresenta nella finzione il suo vero padre.

 

Siamo partite assemblando alcune parti della biografia tradotta in italiano di Andrew Field. Come dice Valeria Gennero, Field è: «perniciosamente attento a cancellare ogni presenza femminile dalla vita di Djuna Barnes (di cui nega, con esiti poco convincenti, lo stesso lesbismo)». Siamo passate alla biografia che esiste solo in inglese di Phillip Herring. E da qui abbiamo ricavato le parti necessarie per fare parlare la prima parte della vita di Djuna, quella relativa alla sua famiglia, alla nonna Zadel, centralissima per la sua educazione, alla sua infanzia, agli esordi nell’ambiente del Greenwich e quindi alla sua partecipazione all’esperienza teatrale, diciamo, alternativa del Provincetown Players. La seconda parte della vita di Djuna è riassunta in poche pagine. E’ quella degli anni parigini, dalla fine della prima guerra mondiale fino all’inizio della seconda, e poi del suo ritiro, quando vivrà spesso in povertà e malata a New York, scrivendo molto poco, Abbiamo così condensato le sue scelte intorno alle relazioni femminili. Puntando, per esempio, sulla prima conosciuta storia d’amore di Djuna con una donna. Francesca Piccone ha tradotto l’unica poesia dedicata alla memoria di Mary Pyne e la interpreta, sostituita da Cristina Salardi, quando non riesce a raggiungerci.

 

Donne di parola è un laboratorio aperto dove possibilmente  tutte fanno tutto: scelgono, scrivono, partecipano, senza avere delle esperte. E’ inoltre un laboratorio aperto dove entrare e uscire senza essere impegnate diciamo ‘da contratto’. Per noi conta esserci quando c’è il desiderio, la passione, la libertà per fare anche solo pratica di lettura e stare insieme a condividere un lavoro sull’immaginario, la scrittura, l’analisi dei testi e delle scrittrici. E’ una pratica politica fra donne. Varie donne sono passate in Donne di parola e molte se ne sono andate e forse torneranno oppure no. Del gruppo originario per ora ci siamo: Attilia Cozzaglio, Laura Modini e me. Quando siamo partite verso giugno di quest’anno con Djuna Barnes c’era anche Cristina Parolini, che poi se ne è andata, sono però arrivate Cristina Salardi e Maurizia Ferrari, due amiche che fanno teatro da alcuni anni e gli si dedicano con passione e bravura, frequentando spesso i corsi di recitazione. Con noi c’è poi Carla Cella, una brava artista, che ha scelto, a conclusione del lavoro di lettura, di occuparsi solo della proiezione, per la parte grafica e di conduzione. E insieme abbiamo costruito la proiezione delle immagini che ho raccolto acquisendole dai libri e da Internet.

 

Confrontati, i vari testi fatti arrivare dagli USA, ci hanno confermato nelle ipotesi che avevamo discusso. Abbiamo escluso alcune parti della sua vita, sia che parlassero dei due tentativi di suicidio sia che approfondissero l’intrico di situazioni dove le relazioni con gli uomini si intrecciavano con le donne. Come è già successo altre volte io scelgo, traduco e propongo e poi il testo viene limato, discusso, cambiato fino a che le lettrici non sono tutte in sintonia con quello che si sta leggendo e questa pratica fa sì che veramente il testo finale, il copione sia un prodotto collettivo. Il metodo di lavoro è stato quello di trovarci, come facciamo di solito, leggendo, discutendo e tagliando il testo man mano che procedevamo.

 

Alla fine è stata costruita la proiezione usando le immagini d’archivio che erano pubblicate sui libri americani. Il testo è stato preso in carico da Attilia Cozzaglio che lo ha redatto, omogeneizzando i tempi, ripulendolo e organizzando le parti che poi ognuna di noi si è scelta. Il testo dello spettacolo è stato pubblicato dalla Edizioni Book/Donne.

 

 

Bibliografia

 

 

Djuna Barnes, “Greenwich Village as it is”, The Phoenix Bookshop, 1978

 

Djuna Barnes, “Bosco di notte, Bompiani, 1979

 

Djuna Barnes, “Creatures in an alphabet”, The Dial Press, 1982

 

Djuna Barnes, “Ryder”, Bompiani, 1989

 

Djuna Barnes, “Ladies Almanack”, ed. by Karla Jay e Susan Sniader Lanser, NY University Press, 1992 (ebook)

 

Djuna Barnes, “La passione”, Adelphi 1994

 

Djuna Barnes, “Fumo”, Adelphi, 1994

 

Djuna Barnes, “Anche le ragazze tireranno di boxe”, Novecento, 1994

 

Djuna Barnes, “The book of repulsive women, 8 rhytms and 5 drawings”, Sun & Moon Press, 1994

 

Djuna Barnes, “The Antiphon”, Green Integer, 2000

 

Djuna Barnes, “Camminare nel buio. Lettere scelte a Emily Holmes Coleman (1934-1938)”, Archinto, 2004

 

Djuna Barnes, “The book of repulsive women and other poems”, Fyfyeld Books Carcanet Press, 2003

 

Djuna Barnes, “Animali quasi umani. Short plays” petite plaisance, Pistoia, 2013

 

AA.VV., “Women’s Writing in exile” ed. by Mary Lynn Broe & Angela Ingram, The University of North Carolina Press, 1989

 

AA.VV. “Silence and power. A revaluation of Djuna Barnes” ed.by Mary Lynn Broe, Southern Illinois University Press, 1991

 

Steven Watson, “Strange bedfellows. The first american avant-garde”, Abbeville Publishers, 1991

 

Gertrude Stein, “Portrait of Mabel Dodge at Villa Curonia – Ritratto di Mabel Dodge a Villa Curonia”, Estro, 1993

 

Andrew Field, “Djuna.Vita e tempi di Djuna Barnes”, Sperling, 1993

 

“Gertrude Stein in words and pictures. A photobiography”. Edited by Renate Stendhal, Algonquin Books of Chapel Hill, 1994

 

Phillip Herring, “The life and work of Djuna Barnes”, Viking, 1995

 

Andrea Weiss, “Paris was a woman. Portraits from the Left Bank”, Harper San Francisco, 1995

 

Valeria Gennero, “L’anatomia della notte: Djuna Barnes a Nightwood”, Edizioni Sestante, 2002

 

Deborah Parsons, “Djuna Barnes”, Northcote House, 2004

 

Andrea Barnet, “All night party. The women of bohemian Greenwich Village and Harlem 1913-1930”, Algonquin Books of Chapel Hill, 2004 (ebook)